Relazione all’Assemblea Generale di Eurocare (Bruxelles, giugno 2023)

Il 28 giugno 2023 si è tenuta a Bruxelles l’Assemblea Generale di Eurocare (programma). Nel pomeriggio ci sono stati gli interventi di alcuni membri del network che hanno condiviso le loro esperienze.

Eurocare Italia ha ripreso le tematiche approfondite nel corso dei Dialoghi Alcologici del 14 giugno, presentando la relazione “Politiche alcologiche e cambiamento culturale tra Cura e Advocacy” riportata qui sotto (scarica la versione inglese).

Un ricordo di Tiziana Codenotti
Loredana Faletti (Eurocare Italia)

POLITICHE ALCOLOGICHE E CAMBIAMENTO CULTURALE TRA CURA E ADVOCACY

Eurocare Italia da 30 anni opera sul territorio nazionale al fine di promuovere la prevenzione e la riduzione dei problemi alcolcorrelati nella popolazione generale, secondo l’approccio di popolazione promosso dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Considera il consumo di alcol come fattore di rischio di per sé, svincolandolo dall’identificazione di categorie a rischio o di modalità di consumo più o meno dannose e dalla stigmatizzazione che ne deriva. Riconosce nell’Alcologia un paradigma che ci invita a riflettere sui concetti di salute, di multidimensionalità della sofferenza umana e di impegno comunitario, scientifico e culturale per l’autotutela e l’autopromozione del benessere e della salute.

La sede dell’associazione ospita oggi numerose attività, realizzate in stretta sinergia con il movimento dei Club Alcologici Territoriali, ideati e promossi dal prof. Vladimir Hudolin. Tali attività sono finalizzate all’armonizzazione delle azioni e delle politiche di prevenzione con le funzioni di cura.

L’approccio ecologico-sociale evidenzia la necessità di cambiare la cultura sanitaria e generale della comunità nella quale la gente vive e lavora, favorendo nelle persone lo sviluppo di una responsabilità individuale rispetto alla propria salute e a quella della comunità intera. Una responsabilità che non proviene solo dall’essere più informati o critici o sensibilizzati rispetto all’alcol, ma anche dalla messa in discussione dell’idea stessa di salute, e quindi di cura, che comporti il passaggio da una prospettiva individuale a una collettiva e di salute pubblica.

Il trattamento delle problematiche legate al consumo di alcol e lo sviluppo di una cittadinanza competente e critica nei confronti delle scelte politiche non sono livelli distinti, ma rappresentano nel complesso il percorso di cura. Il punto non deve essere se bevo poco o tanto, ma la consapevolezza che il bere di per sé è un comportamento che si colloca dentro precise dinamiche culturali, sociali e commerciali e capire come io mi voglio porre dentro a tutto questo. Dico “io” per sottolineare proprio il fatto che ciascuno è responsabile per sé e per gli altri e tutti dovrebbero essere coinvolti, non solo le persone o le famiglie che vivono un problema con l’alcol. Quella di Eurocare Italia è dunque un’intensa azione culturale che sensibilizza individui e comunità ad un atteggiamento ecologico-sociale verso ogni forma di sofferenza, come quella alcolcorrelata. L’obiettivo è quello di ricollocare la sofferenza delle persone dentro una cornice ecologica ed antropologica, sottraendola ai processi di medicalizzazione e psichiatrizzazione insiti nei modelli assistenziali tradizionali e a ciò che ne consegue, con particolare riferimento ai processi di stigmatizzazione e alla facilita con cui tali processi ingabbiano le persone dentro precise dinamiche di potere e di controllo sociale. Vi faccio un esempio. Sappiamo quanto il concetto di bere moderato o responsabile sia caro all’industria che gioca sulla sua ambiguità per normalizzare il consumo di alcol: identificare livelli di consumo “normali” consente di attribuire l’“uso dannoso” (o l’“alcolismo”) ai singoli individui, quelli problematici e incapaci di gestirsi, sollevando sé stessa, la pervasività e aggressività del proprio marketing e il proprio pressante lavoro di lobbying pubblico e istituzionale, da ogni responsabilità nel favorire la cultura del bere e le scelte comportamentali delle persone. Ma l’idea di bere moderato è cara anche a un sistema di cura che distingue il bere sano dal bere patologico, il normale dal deviante, che dunque pone obiettivi di salute che perseguono l’estinzione della malattia e il ripristino di una normalità stabilita da quello stesso sistema di cura. In questo modo però si trascura completamente che qualunque forma di sofferenza non può che generarsi dentro ad un preciso contesto sociale e culturale e che è dunque necessario che anche quello sia contemplato quale oggetto di cambiamento.

Sottrarre la sofferenza ai processi di medicalizzazione e psichiatrizzazione non significa deprofessionalizzare. I professionisti sono invitati a riflettere sulle conseguenze teoriche e pratiche del loro agire, sottraendosi all’invito di esercitare una funzione di controllo sociale e condividendo con ogni persona sofferente una prospettiva liberante rispetto ai molteplici meccanismi di oppressione sociale e culturale, mettendo continuamente in discussione se stessi ed il proprio ruolo. Questo richiede a chiunque eserciti una funzione professionale di dedicarsi ad una ricerca, tecnica e scientifica, libera da qualsiasi prospettiva di subordinazione agli interessi della cultura dominante, interessi sia economici che di mantenimento dell’ordine sociale. È comprensibile che, in caso di difficoltà, ci si affidi e si deleghi ad un esperto la soluzione di un problema che si sente insormontabile. Questo, tuttavia, rischia di rappresentare l’innesco di un meccanismo che delegittima e atrofizza la ricchezza delle risorse esperienziali, cognitive, esistenziali, mentali e biologiche che sono presenti in ciascuno di noi. Le competenze professionali non possono essere una giustificazione alla deresponsabilizzazione. Essere responsabili significa interpretare un ruolo da protagonista in un contesto relazionale ed essere disponibili a concorrere alla risoluzione di un problema. Il nostro lavoro invita a riappropriarsi della cura, vuole stimolare ciascuno di noi a ridefinire la domanda, soprattutto nei momenti più difficili, riorientandola verso un processo di apprendimento che aumenti le competenze di ogni persona, accedendo alle conoscenze scientifiche e culturali esistenti, migliorandone la qualità e finalizzandole ad un percorso liberante e non delegante.

Quindi anche i professionisti sono chiamati a rileggere teorie e pratiche del loro lavoro, nel tentativo di allinearsi ai programmi di comunità suggeriti da sempre dall’OMS e riproposti anche nell’ultimo European Framework for Action on Alcohol, in un’ottica di partnership in action, di collaborazione nell’agire a livello di popolazione, mettendosi tutti in discussione. Un’azione culturale che quindi sensibilizza a riflessioni e comportamenti fondati sui principi dell’etica, della partecipazione comunitaria e della responsabilità individuale, dalla quale nessuno può chiamarsi fuori.

Un processo di cura sistemico ed ecologico è un percorso evolutivo e trasformativo che si realizza nel dialogo interpersonale, nel ripristino di una vita comunitaria autentica, nella riconciliazione del disagio soggettivo con le dinamiche culturali esistenti. Tutti sono chiamati a partecipare in prima persona e in modo libero: la persona che porta un problema e i suoi familiari, i professionisti, gli studenti in formazione. Se l’obiettivo è il cambiamento della cultura, siamo tutti sullo stesso piano e ugualmente responsabili, chiamati all’impegno di un percorso personale di crescita e maturazione finalizzato alla valorizzazione delle competenze e delle risorse individuali che possono così essere messa a disposizione di tutti diventando risorse collettive.

Nel nostro laboratorio esperienziale padovano cerchiamo di realizzare tutto questo, promuovendo una dimensione di cura che si concretizza nell’armonizzazione della molteplicità delle azioni svolte, tra cui gli incontri tra le famiglie dei club, momenti formativi settimanali e mensili, eventi culturali, attività informative, divulgative e promozionali attraverso il nostro sito, pubblicazioni indipendenti, la psicoterapia, e molto altro. Tutti partecipano a tutto in una dimensione assembleare e comunitaria che non prevede osservatori. E così sul nostro sito trovate articoli scritti anche da membri dei club (le persone con esperienza), che a volte contribuiscono alle traduzioni dei documenti internazionali. Il 14 giugno si è tenuto il convegno in memoria di Tiziana Codenotti su scienza, cultura ed esperienza in ambito alcologico e all’organizzazione hanno partecipato tutti, in particolare nell’allestimento di un pranzo degno dei migliori chef. Nelle nostre scuole, le persone con esperienza sono formatori tanto quanto i professionisti.

In conclusione, le politiche internazionali di salute pubblica prevedono azioni specifiche in termini di prevenzione ma devono essere sostenute e potenziate da una radicale riforma delle pratiche e da un cambiamento della cultura dominante.

Questo è il nostro modo di fare politica e di sostenere nel nostro piccolo le politiche nazionali ed internazionali di salute pubblica. In particolare vogliamo sottolineare la funzione politica che l’Alcologia esprime quando i cittadini diventano protagonisti di una riflessione critica a partire dal proprio comportamento e invitano la politica istituzionale a porre al centro della propria agenda non interessi economici e i profitti ma il Bene Comune vissuto nella dimensione comunitaria.