Qualche pensiero sulla soglia

Dal seminario del 18 dicembre 2022

Il Club del mercoledì mi squarcia l’anima, ripetutamente, nella sua ciclicità settimanale, negli echi che lascia, nell’inaspettato che può accadere, nella fissità che sembra inscalfibile. 

Incontri con la ritrosia, la protesta sommessa, lo scoppio di risa. 

Ricchezze da disseppellire, tesori nascosti, abbandonati come rifiuti. 

Vitalità negate, corpi molto dolenti, intorpiditi, parole che circolano sommesse prima di sfociare in narrazioni che proclamano rassegnazione e incapacità. 

Il mio ascolto resta intermittente e la mia preghiera è che si faccia umile, che accolga per prima la mia diversità ottusa.

Il ricordo di Nicoletta*, nuvola colorata, fa memoria di come abbiamo aperto le porte di un Club ad orario insolito, pomeridiano, per accogliere quanti sono (solo) passati e quanti torniamo, con turni intermittenti, riluttanti alla perseveranza, sfiduciati verso la proposta di mescolarci e riconoscerci o meno, settimana dopo settimana, comunità. 

I legami familiari sono per lo più recisi o sfilacciati, restano indistinti sullo sfondo, per lo più silenziati, ricordati con rassegnazione, rammarico, a volte risentimento. 

Un’occasione preziosa per scalfire la tentazione della chiusura, per riassaporare una generatività sconosciuta da apprendere con fatica, dagli esempi di chi con coraggio torna a muoversi al ritmo di danza o frequenta una scuola serale che costringe. E ci muove il desiderio di cercare chi non torna, lo stupore di visitare chi fatica a venire regolarmente.

Perché tutto questo ho ricevuto: accoglienza senza giudizio, spazio e tempo umanissimo, da abitare ognuno per sé insieme agli altri, parole franche e amorevoli, severità, pazienza. 

Nello spazio e nel tempo che mi viene donato da ciascuno, mi interrogo, fra molte distrazioni, sul servizio, sulla terapia, di fronte alle domande di chi prova a collocarmi tra i professionisti di una cura supposta come ideale, magari sterile ma con le convalide riconosciute, o di chi vive il club come momentaneo ristoro che arriva solo a lambire dolori che mi si dicono impossibili da comprendere.

Intuisco così, forse, la pericolosità dello “schermo del collettivo” (Simone Weil), additato come riparo oscuro, che il disagio mentale pretende, paradigmaticamente, di abitare chiudendone quasi ogni accesso.

Non sapevo che avremmo ricercato insieme la sapienza fra disagi d’alcol: del potente Dioniso non abbiamo memoria cosciente, ma viviamo le sue manifestazioni che con la coscienza interferiscono; del disagio mentale di solitudine e separazione, lo stesso che provo se cerco la forza presuntuosa diversa da quella di una trasformazione evolutiva. Non sapevo che avrei pianto per la malattia e la morte, che avrei avuto paura e speranza insieme, che avrei ascoltato e parlato, che queste stanze si sarebbero riempite e svuotate di volti, di corpi, di vita.

Se il timore di lasciare quanto creduto rassicurante, anche se mai conosciuto in profondità, sembra riuscire a fare spazio a vincoli d’amore e di amicizia, nel mosaico di diversità che solo il Creatore ha potuto comporre e che occorre guardare con coraggio quanto più appare dissonante, quando pongo fiducia nel riconoscere che anche il sistema familiare è solo una parte di un tutto più ampio che è vitale tenere aperto, nella serena, impotente accettazione dei limiti che ci costituiscono, forse possiamo agire la restituzione.

In questi anni recenti di cammino nel mondo dei Club di Ecologia Sociale Antropospirituale ho ricevuto una quantità di sollecitazioni; ne ho accolte di certo solo alcune, ma sento che sono frammenti di un agire possibile rivolto a ciascuno e a loro volta sono manifestazioni di un pensiero che trascende le persone che attuano concretamente delle proposte. Eppure a loro, a tutti e ad ognuno, rinnovo la gratitudine.

Credo di accogliere idee e suggestioni con tutta la mia confusione e ancor più frastornata mi avvicino a conferenze, film, spettacoli teatrali (quando non ne dimentico le date), alla radio. Li abbiamo chiamati eventi, una chat condivisa mantiene questo titolo. Di eventi si è riempita la bocca la generazione che apriva questo secolo, già ora mi appare forse poco autentico, ma – come sempre – si tratta di rendere vero per sé un gesto semplice, una partecipazione a qualcosa pensato il più delle volte da altri e che ci può aprire all’ascolto, alla curiosità, allo svelamento di passioni sopite, da cercare dentro e portare fuori di noi, perché solo nella ricerca incessante condivisa prendono forma nuove possibilità. 

La nostra visione parte inevitabilmente dalla società in cui viviamo, ci piaccia o meno e non possiamo scegliere la realtà data, ma possiamo scegliere di farci protagonisti, nonostante. Molte restituzioni sono passate attraverso gesti oblativi. Nella mia piccola parte, dove l’io non si tacita, cerco di rispondere “come se” non si affacciassero i pensieri di inadeguatezza e incomprensione, le piccole paure, i tentennamenti, le scuse. Tali tentazioni alla ritrosia ci sono sempre, occorre riconoscerle e offrirle come parte da trasformare. 

L’esperienza della trasmissione quindicinale “Sobrietà” a Radio Cooperativa, per esempio, rende conto della mia difficoltà a confrontarsi con i temi dell’attualità, che invece devono essere sottolineati con passione e suscitare rivolta. Attraverso il mezzo radiofonico dove la tensione aspira ad un parlare fluido e scorrevole, mi ritrovo con i balbettii, le incertezze, i non detti. Eppure ogni volta che ci incontriamo per registrare, il cuore ne esce ricolmo, nonostante i miei passi stentati e la sensazione di pochezza. 

Che grata occasione mi offrono le compagne e i compagni di cammino! 

Quindi, invito a non temere nell’offrire le nostre voci per far vivere la mescolanza, far germogliare semi gettati, che devono morire per schiudersi ancora alla vita, per intrecciare le antiche e nuove radici.

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*Nicoletta Piacentini partecipava ai Club in prima persona da lungo tempo, supportata dagli zii Meris e Oscar e più recentemente anche dal compagno Nicola. È morta per complicanze di uno stato fisico compromesso nel marzo 2021 a 52 anni. Il Club del mercoledì porta il suo nome.