Greta e il perturbante di fine anno

Noli me tangere (Gv, 20,17)

Ho partecipato all’incontro via Zoom organizzato dall’associazione culturale Casa Alta di Trieste mercoledì 27 dicembre, con la presenza dell’artista Greta Broglio alias Haregrungy, di cui si presentava l’opera pittorica Gesù Cristo era una donna.

Torno a cercarne la riproduzione digitale in rete.

Mi sento priva di strumenti – artistici e teologici – per riflettere con ponderazione e perciò mi affido alle consonanze che sono scaturite nel corso dell’incontro, all’intenso conversare in presenza dell’artista di donne e uomini che ri-conoscono alla sua opera un passaggio nella riflessione cristologica al femminile. 

Ho percepito, nell’assoluta impreparazione personale, la forza dirompente della proposta, che squarcia percorsi iconografici e pittorici. Greta ci parla della propria ricerca artistica, dell’approccio all’inconscio maturato da ormai due decadi in una vita biologicamente fresca e in costante evoluzione. 

Costa molto accogliere l’espressività cosiddetta astratta e calarla fra le consuete rappresentazioni mentali figurative date dall’Occidente al Cristo, quelle di cui forse non ci si è mai davvero nutriti, ma sempre posti come ulteriori osservatori esterni, nel corso della millenaria replicazione – con i modi e i tempi dell’umana a volte abilissima percezione di figure e colori, nella ricreazione, per esempio, delle storie evangeliche attraverso gli usi della tecnica – mai neutra – sempre anche al servizio di convenzioni, imposizioni e delle inestricabili servitù umane ai potentati regolatori della rappresentazione artistica, mecenatismo incluso.

Ora, per quanto posso comprendere, l’acquisizione di Gesù Cristo era una donna esprime la forza dirompente di un percorso di conoscenza della concretezza esperienziale del lavoro di Haregrungy e quella della sua condivisione (vorrei dire scientifica, ma esito, sto sulla soglia, per gli equivoci che l’aggettivo può suscitare…) con i partecipanti riuniti all’ascolto e alla visione, sia pure mediata dalle imprecisioni paradossali della “riproducibilità tecnica” dell’opera stessa. Accolgo quindi la proposta di un prossimo incontro in presenza per contemplare la materialità del lavoro di Greta Broglio. 

Di lei, vorrei sottolineare e ritenere, solo per poco, la sollecitazione al “lasciare” che l’artista ha espresso come complementare al suo lavoro, per la rilettura dell’opera. Aggiungo, come ulteriore invito che sento urgente, il “lasciare andare” necessario al flusso della Vita che non Dipende, senza pretesa di trattenere alcunché, quale desiderio soggettivo e comunitario, quale forma possibile del rendere grazie, il sollevarsi dal “nero fermo” che fa da sfondo al turbinio colorato, senza linee, al vortice magmatico e viscerale del Cristo donna che ci perturba e che non smette di amarci. Lo sguardo a distanza fatica a cogliere la ferita che sanguina, linea che ci unisce al dolore dei nostri progenitori dell’Eden perduto, ma Lei, fattasi carne, permette all’umanità tutta di continuare a generare. Nella libertà con cui siamo stati creati.