DIES IRAE. 

Scuola 16/03/2023

Ieri sera, dopo aver letto il titolo della scuola di oggi, in preda ad una condizione quasi delirante per la febbre alta, ho avuto la netta percezione che la scuola di oggi sarebbe stata il Dies irae e mi ero già autoassegnato al girone degli ignavi, non da solo ma, credo, in buona compagnia. Ma più interessante della sentenza finale, inequivocabile, mi parevano essere le motivazioni che hanno portato a questo giudizio. È un pezzo che giro attorno alla questione, lasciandone poi in sospeso l’analisi. 

Intanto vorrei dire, parlo sempre a titolo personale, che vissuto in un certo modo il Club può diventare un’altra dipendenza che si aggiunge alle molte altre che nel Club cerchiamo di comprendere. Sicuramente può essere giustificabile questa difesa di uno spazio consolatorio in mezzo alle difficoltà che al Club ci hanno portato, credo però non sia questo il senso del Club. Non si può stare e basta, l’imperativo è trasformativo, è l’agire all’interno e al di fuori del Club, non quello di restare un po’ più rassicurati nella situazione che ci ha turbati. 

C’è anche da chiedersi quanto siamo noi a non fare abbastanza per intervenire sulla riduzione dei membri dei Club. In realtà siamo ancora abbastanza ma raddoppieremo se ciascuno di noi volesse condividere sinceramente questa esperienza con un suo amico o conoscente. 

Qui sta il problema: a mio avviso questa mancata proposta potrebbe nascondere una involontaria tendenza all’esclusività, al possesso, al non volerla condividere con qualcuno che ci conosce bene e che potrebbe modificare gli equilibri con cui ci siamo presentati nel Club, la paura di uno scambio di ruoli nella nostra narrazione. 

Meglio un estraneo a cui offrire il meno peggio di noi, non in grado di smentirci. Tutte queste considerazioni per ritornare al Dies irae e alla dichiarata necessità di andare oltre alla nostra nicchia consolatoria; c’è la necessità e quasi l’obbligo, se non si vuol cadere in quello stare sempre alla finestra, di un salto fatto di partecipazione più attiva, di prendersi delle responsabilità all’interno dei Club, superando quel personale riduttivo che ci tiene inchiodati ad un ruolo di semplici fruitori ma non di promotori.

Lucio Candida