Ad Assisi, tradizione e tradimento

Assisi, 12-14 maggio 2023 – Congresso di Spiritualità Antropologica e di Ecologia Sociale, XXXI edizione

Tornare ad Assisi per il Congresso di Spiritualità Antropologica e di Ecologia Sociale (XXXI edizione, 12-14 maggio 2023), tornarci per la seconda volta – per chi scrive – insieme a chi partecipa da decenni e a chi, insieme alle diverse realtà regionali, lo promuove intensamente anno dopo anno, come padre Danilo Salezze e Flaviana Conforto.

Preparare un breve viaggio in tempi “globali” non richiede impegno eccessivo, così sembra. Eppure il fermento era presente nei Club della comunità padovana allargata, il coinvolgimento ci toccava da tempo. Abbiamo trascorso i mesi precedenti lavorando sul tema dell’etica della responsabilità e della condivisione nel laboratorio e nelle scuole settimanali del giovedì, nei seminari mensili, partecipando delle riflessioni quotidiane di chi ci esorta ad una pienezza possibile qui ed ora.

Seguire una tradizione, inserirsi nel solco già tracciato di testimonianze che si rinnovano di continuo, fidarsi di un invito vivificato dalla prassi settimanale dell’incontro del Club, nella consapevolezza – da tenere ben desta – che il messaggio “vale” più del metodo e che co-esistono tanti modi di stare nel Club quanti sono gli stessi Club e i partecipanti che li animano. Ma li animiamo davvero, i Club, o reiteriamo stancamente una ritualità svilita? La semplificazione riduzionista, pervasiva e divisiva, ci tenta ogni giorno, mascherata anche da pigrizia, quando il disagio sembra attenuarsi e vorremmo separare la “normalità” dal dolore acuto o sommesso e le domande che solo possono scaturire da una cura autenticamente vitale faticano a prendere voce nel fluire delle settimane. O quando ascoltiamo ed osserviamo qualsiasi aspirazione alla conformità che illude e si illude di offrire soluzioni per stare nel mondo.

Allora, sentirsi chiamati a mettersi in movimento, sia pure per un tempo breve nel nostro già brevissimo passaggio, mescola e rimescola il senso del formare parte di una comunità, intuendo che ci incontreremo fra soggettività e modi diversi di intendere il Club, nella polisemia cangiante del nominalismo, nella unicità difforme delle realtà nel territorio e nella concreta possibilità per ciascuno di accettare di lasciarsi andare alla crescita e maturazione, chissà!

Occorre anche ricordare che nel nulla-che-accade, davvero niente può succedere se non ci permeiamo dell’unico contagio sensato, nel meticciato più prossimo delle diversità quotidiane, senza trascurare che fra le poche scelte importanti c’è quella di desiderare e promuovere l’incontro comunitario che vive delle relazioni che possiamo coltivare.

Prima di Assisi immaginiamo le fasi del viaggio, ci invitiamo, organizziamo le auto con cui viaggiare, ci distribuiamo fra posti e giornate disponibili di ciascuno, proviamo a far coincidere orari e tempistica. Ci sono i materiali da caricare, i libri pronti, qualche corredo per allestire un banchetto dove verranno esposti e che proporremo a chi vorrà portarli con sé, preziosi strumenti per una formazione permanente.

Ci attende una sistemazione con pernotto, pranzo e cena: cibo abbondante al punto da riprometterci un regime alimentare diverso al rientro. Trovare i pasti preparati ci fa rendere grazie non solo per le pietanze, ma per il lavoro prezioso di chi ha cucinato e serve in tavola. Rinnoviamo la convivialità, che ci è altrettanto cara.

Essere ad Assisi scalza talvolta l’ortodossia della presenza puntuale a tutti gli appuntamenti previsti dal congresso: cerchiamo il più possibile una fedeltà anche alle nostre persone, a noi che siamo lì; “ci aspettiamo” – come sottolinea Teresa – viviamo un ritmo che include camminatori veloci e lenti, ci prendiamo in giro con esercizi di ironia bonaria, gustiamo le pietre di questa città, le sue salite (e discese), le sue chiese, la veduta che amiamo nella notte scura e stellata. E ci corichiamo, sorelle e fratelli.

Tradiamo a volte la lettera, proviamo a vivere lo spirito di persone in cammino. Ci lasciamo sedurre da imprevisti, ci sorprendiamo per incontri “fuori programma”. Ci immergiamo in giornate che siano ricolme di vita anche quando la morte si è manifestata fra noi: siamo grati a Lucio e Luisa per esserci, per immaginare e condividere progetti.

Assisi, la terra di Francesco e di Chiara, eredità in qualche modo tradita dalla costruzione di una Basilica, per giunta “doppia” nelle forme e negli stili architettonici – in cui nei giorni del congresso i Frati del Sacro Convento regalano visite privilegiate in notturna e dove si celebra la messa domenicale – questa città della pace e dell’incontro interreligioso, si rinnova anno dopo anno quale nostra Itaca. 

La tensione del viaggio assomiglia alla sobrietà o, viceversa, la sobrietà è il nostro viaggio: ci si avvicina, forse si raggiunge una meta, si devia, si sosta, si cade e si ricade, si resta delusi per i mancati approdi, da quanto immaginato, ci si perde, ci si ritrova. Ci si rimette in viaggio, ci si converte, spero ogni giorno, ad una strada che ci faccia oltre-passare: fiduciosi, fra gli sprazzi di sole, i piovaschi, come se il clima mite della primavera inoltrata di Assisi ci avvolgesse ancora e ancora.