Wine Package: l’Europa rischia un passo indietro nelle politiche sull’alcol

Negli ultimi anni il mito del consumo moderato e dei suoi presunti benefici, è stato progressivamente scalfito da informazioni più chiare e corrette: l’Organizzazione Mondiale della Sanità continua a ricordarci che nessun livello di consumo è sicuro e quest’anno, nella sua quinta edizione, il Codice europeo contro il cancro dello IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), è passato dalla precedente raccomandazione “Se bevi alcolici di qualsiasi tipo, limitane l’assunzione” a un inedito “Evitare le bevande alcoliche”.

Una maggiore consapevolezza nella popolazione generale dei rischi per la salute, unita ad un calo dei consumi nei mercati chiave e alla progressiva implementazione delle misure di regolamentazione raccomandate dall’OMS (a partire dai Best buys), stanno mettendo in difficoltà il modello economico delle grandi multinazionali dell’alcol, storicamente fondato (nonostante un marketing centrato sulla celebrazione del cosiddetto ‘bere moderato’) su modalità di consumo forti e ad alto rischio.

Piuttosto che accettare queste tendenze come un inevitabile declino e muoversi agilmente verso alternative più accettabili e sostenibili, i giganti dell’alcol stanno rispondendo con una strategia ad ampio spettro: un marketing più aggressivo e diversificato, azioni di lobbying e di interferenza politica più strutturate e un tentativo di espansione nei paesi in via di sviluppo con minori protezioni per le persone e le comunità.  

Pensiamo al caso dell’Irlanda, che ha rinviato al 2028 l’introduzione delle avvertenze di salute in etichetta, inizialmente fissata per maggio 2026, proprio in seguito alla pressione delle organizzazioni di categoria. O a gruppi di lobby come l’International Alliance for Responsible Drinking (IARD), sostenuti dalle più grandi società di alcol del mondo, che stanno investendo sempre di più in azioni di Responsabilità sociale d’impresa, presentandosi come partner per la salute mentre ostacolano dietro le quinte le politiche sull’alcol basate sull’evidenza scientifica.

Allo stesso tempo, si investe massicciamente nel marketing digitale rivolto ai più giovani, sfruttando influencer, videogiochi, cocktail ready to drink ed estensioni dei marchi a zero alcol, ossia prodotti che funzionano soprattutto come strumenti promozionali, utili a mantenere i loghi degli alcolici sempre presenti e a normalizzare il consumo di alcol tra le nuove generazioni, principali responsabili degli attuali cali nei consumi.

Il caso del Wine Package

Il Wine Package è un pacchetto di misure proposte della Commissione europea al fine di rivedere le regole del mercato vinicolo dell’UE per rispondere alle pressioni dell’industria, impegnata in sfide strutturali come il calo dei consumi, l’eccesso di offerta e l’impatto del cambiamento climatico sulla produzione. 

Proposto nel mese di marzo, sta procedendo con una rapidità insolita e una trasparenza limitata.

Già il 5 novembre è stato approvato dalla Commissione Agricoltura insieme a un mandato diretto per negoziare con la Commissione e il Consiglio, saltando completamente la plenaria ed evitando che la maggior parte dei rappresentanti eletti possa far sentire la propria voce. Una scorciatoia giustificata per motivi di urgenza, un’urgenza che non riguarda l’interesse dei cittadini ma l’esigenza di evitare attriti politici. 

Tra le misure previste spicca la gestione dell’eccesso produttivo, problema aggravato non solo dalla diminuzione dei consumi, ma anche da incentivi pubblici che hanno storicamente premiato il volume, un modello ormai insostenibile non solo in ambito vinicolo. Ancora più critica è la conferma di fondi europei destinati al marketing: una scelta in palese contraddizione con il Piano europeo di lotta contro il cancro e con le indicazioni dell’OMS, che chiedono di ridurre o vietare, non certo di ampliare, la promozione delle bevande alcoliche, soprattutto se realizzata con denaro pubblico. Ma a preoccupare di più è la rapidità con cui il pacchetto sta attraversando l’iter decisionale, che si caratterizza per consultazioni limitate e poco trasparenti e assenza di valutazioni d’impatto delle proposte. Ancora più preoccupante è che le organizzazioni sanitarie pubbliche della società civile sono state completamente escluse dal processo: se i rappresentanti dell’industria sono stati invitati a numerose riunioni di alto livello con la Commissione, i gruppi che si occupano di salute e i cittadini sono stati esclusi dalla partecipazione. Non sono stati condivisi i verbali delle riunioni, non è stata avviata alcuna consultazione delle parti interessate e non è stata data alcuna opportunità agli esperti indipendenti di presentare dati o punti di vista (qui trovate quello di Eurocare – European Alcohol Policy Alliance).  

Questa impostazione sbilanciata rischia di generare norme incoerenti, come le nuove disposizioni sull’etichettatura che potrebbero contraddire il Regolamento (UE) 1169/2011, permettendo ad alcune bevande alcoliche di sostituire informazioni obbligatorie in etichetta con un semplice QR code.

Se l’Unione Europea vuole davvero restare un modello di democrazia, deve rispettare gli stessi principi che pretende dagli altri: un confronto aperto, criteri trasparenti e la possibilità per tutti, non solo per chi ha più potere (economico), di partecipare. La qualità democratica non si misura dalla velocità delle decisioni, ma dalla partecipazione al processo decisionale. Il Wine Package è solo una proposta normativa, ma solleva una domanda fondamentale: le istituzioni europee rispondono ancora ai cittadini che sono chiamate a servire?