La visione
Quale struttura connette il granchio con l’aragosta, l’orchidea con la primula e tutti e quattro con me? E me con voi? E tutti e sei con l’ameba da una parte e con lo schizofrenico dall’altra?”
Gregory Bateson
Le sofferenze del nostro tempo trovano spesso delle risposte inefficaci e riduttive, che si concretizzano nella cultura della semplificazione. Per ogni “star male” vi è una spiegazione semplice, un farmaco o un intervento di stampo riduzionista. Soluzioni apparentemente esaustive, forme di cura medicalizzata e riduttiva che annullano ogni agire rivolto alla dimensione esistenziale, antropospirituale, autenticamente ecologica.
Il motto eracleo “chi è l’essere?” continua a non avere risposta, lasciando insoddisfatto l’esserci a questo mondo in molteplici forme che non risparmiano nessuno. La filosofia e l’antropologia sono state relegate a inutili esercizi per sfaccendati pensatori e l’indignazione sale se di fronte all’urgenza di una crisi ci si attarda in analisi esistenziali. Il delirio della concretezza è analogo al delirio drogastico delle soluzioni ad effetto immediato: sedare, contenere, fare godere, senza preoccuparsi di comprendere.
Ecologia della cura – Centro studi, ricerche e pratiche per i disagi esistenziali, mentali e spirituali, si muove sulla base di parametri umanistici, filosofici, psicologici, biologici e ambientali e cerca di comprendere il senso della sofferenza nei contesti relazionali nella quale si esprime, nel qui ed ora.
Non pensiamo che ci siano pezzi rotti da riparare, ma matasse relazionali da sgrovigliare per ricomporre l’esuberato e l’esubero, il disturbato e il disturbante con il proprio contesto di vita, unico luogo di ricerca di senso. Il presunto disfunzionante è il segno concreto di una domanda che nasce da una sofferenza che non è mai individuale e tantomeno identificabile in una parte precisa del soggetto.
Si tratta di un approccio che ci obbliga a ripensare tutto, a mettere in relazione ciò che la scienza classica divide, in costante ricerca di una comprensione. Una comprensione che non può avere il carattere fisso di una spiegazione, che finirebbe per diventare dogma inutile e rassicurante, fonte di disimpegno esistenziale e di trionfo di un potere professionale che ha accettato la delega del controllo a garanzia di una norma presunta e preconfezionata sotto le mentite spoglie della guarigione.
E’ una cura che si compie in uno spazio pubblico che non è istituzionale, cantiere sempre in corso delle diversità, delle tensioni e delle contraddizioni che, condivise, si traducono in istanze collettive.